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LUNAR IMPULSE – GALENSTOCK

domenica 20 luglio ‘24


Ho appena superato il primo fix e già ho qualche problema: la seconda placchetta luccica poco più in alto così vicina ma anche maledettamente irraggiungibile. Ho un paio di appoggi e la fessurina che, giusto giusto, si allarga per ospitare le prime falangi di una mano. Poi dovrei spalmare e quindi arrivare alla salvezza. Ma la teoria è una cosa, la pratica un’altra! Mi vedo cadere, la caviglia sbatte contro la parete e il cric-croc che ne segue è inconfutabile. Torno sui miei passi prima che la lancetta del panico giri sul rosso e tutto si avvolga nella nebbia. Se in quel piccolo tratto di fessura posso infilare le dita, potrei metterci anche un bel ferro. Ne ho diversi che penzolano dall’imbraco. Basta trovare la misura giusta. Sistemo i piedi, afferro un friend piccolo e lo infilo nella spaccatura. Le camme si aprono, la protezione si assesta e sembra tenere - Occhio Walter, eh! - Come sveglia non è male: è parecchio che il Caianesimo non gongola ed è altrettanto tempo che non mi trovo a dover tirare un pezzetto di metallo! Lo afferro, ci appendo delicatamente il mio dolce peso e quello sta lì! È fatta! È come se fossi passato oltre un varco: ora la strada è spianata, chi se ne frega della libera, qui bisogna solo salire! È un po’ come tornare ai vecchi tempi. E poi ho sbloccato la testa. Ma il tiro non è mica finito. La mia piccola battaglia continua e ad ogni passo un pezzetto di ruggine cade. La seconda lunghezza è un altro bel palo ma il problema non è mio, è di Walter. Solidarietà alpina! Io lo scalo in libera col poter delle corda dall’alto che è un bell’aiuto morale e qualche dubbio sul grado della relazione inizia a venire. Sul tiro seguente o sono diventato di colpo un fenomeno o la difficoltà è stata pompata come un atleta della DDR! Poi arriviamo sotto la parete rossa finale e la lunghezza d’ingresso si prende parte di quello che mancava al terzo tiro: per fortuna che le prese comunque ci sono e basta tirare un po’: ringrazio la plastica (!), mi allungo tra un appiglio e l’altro e esco dal duro. Ancora due tiri che sembra quasi di essere al Bianco e siamo in cima. Ora dovrebbe essere solo una formalità: qualche doppia, il nevaio e una comoda passeggiata fino all’auto perchè qui il Caianesimo è in formato mignon. Però, appunto: dovrebbe! - Speriamo che le corde non si incastrino… - evidentemente al Walter piace menar iella: mi tocco e inizio la prima calata. Tutto sembra girare nel verso giusto: le doppie si susseguono senza intoppi, compresa quella sul tiro di raccordo. Poi però l’imprevisto è sempre dietro l’angolo - Cazzo! Ho perso il cellulare! - La gita inizia a costare. Mi calo guardingo ma quello che trovo è solo la custodia dell’apparecchio del Walter che probabilmente si è fracassato più in basso. Intanto perdiamo rapidamente quota e lo spettro dell’incastro si fa sempre più flebile. Ma mai abbassare la guardia perché, quando si è lanciato l’anatema, quello può colpire all’ultimo. E infatti quando stiamo recuperando le corde per l’ultima calata, una delle due decide di incastrarsi su qualche maledetto spuntone. Non abbiamo voglia di ripercorrere il secondo impegnativo tiro e quindi l’unica soluzione è tagliare corda e cordoni del mio portafogli. Un pezzo della mia mezza se ne rimane così lì a guardarci scendere mentre la restante parte monca arriva comodamente sul ghiacciaio: sembra un po’ come quelle ritirate epiche che si leggono sui libri caiani. Ma la sfiga ci vede sempre maledettamente bene e quando provo a tirare l’ultima doppia, le corde sembrano bloccate su alla sosta senza alcun cenno di movimento. Non dispero ancora: mi allontano dalla parete e inizio a tirare. Niente. Ma non è ancora il tempo per alzare bandiera bianca. Mi sposto ancora un po’ e tiro questa volta ancora più forte. La corda si muove ma è solo l’allungamento e poi torna nella sua forma originaria. Ancora niente. Ci riprovo un paio di volte ma oramai mi sono rassegnato all’idea che dovrò cambiare la coppia. Provo l’ultima strattonata, giusto per non lasciare niente di intentato e le corde si muovono questa volta non solo per l’allungamento: scivolano verso il basso e finalmente posso staccare il cordone ombelicale dalla parete.


Cavallo Goloso


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