DON LORENZO MILANI – PILASTRO IRENE
domenica 20 novembre ‘11
Scendo dalla macchina e Colo mi ipnotizza: “oggi vuoi andare a fare una via, niente falesia!”. Ci vuole poco a farmi cambiare idea, prendo l’occorrente e salgo sulla sua Peugeot. Le proposte sul tavolo vanno da una via alle Corna di Bobbio alla don Lorenzo Milani al Pilastro Irene. Va bene convincermi, ma questa mattina mi sono svegliato con l’idea di fare l’FF, ergo niente sbatta per oggi; quindi la prospettiva di scammellare per più di un’ora per raggiungere l’attacco cozza con il disco caricato. Oltretutto le difficoltà dichiarate al telefono da Luca vanno da due lunghezze sul 6b/6c ad un 7a per poi impennarsi fino al 7b. Va bene che dovrebbe essere una ferrata, però la prospettiva di tirare a destra e a manca è un ulteriore motivo che spinge la macchina a salire a Laorca. Poco ci manca che parcheggiamo sotto l’attacco per poi partire verso la sassaiola della ferrata. La Miryam è come la statale all’ora di punta: si potrebbero sfruttare le corde presenti in parete per una risalita con i prussik!
Passiamo oltre e più non dimandiamo guardandoci bene da possibili “gocce pesanti volanti”. Raggiungere l’attacco è un po’ come camminare in una selva oscura: speriamo che la via non sia come Minas Tirith!
Individuiamo un chiodo rosso e solo dopo il cordone alla clessidra: il tempo ne ha trasformato il colore mimetizzandolo con la roccia. Parte Colo: la linea è evidentemente impegnativa già dall’inizio. Lo guardo salire e poi inizio a scalare. Il passo è impegnativo, di precisione ma poi l’arrampicata si fa un po’ più semplice, almeno fino agli spit: un duro mano-piede, ben sopra l’ultima protezione, è l’obbligato più impegnativo della salita. Grande Colo!
Poi è il mio turno: supero uno stupendo muro a gocce dopo il quale varco le porte dell’alpinismo classico. Mi lascio guidare dall’istinto e raggiungo la sosta. Riprende Colo che supera a vista l’imperdibile muro a gocce per poi sparire dalla mia visuale. La corda fila con regolarità mentre lentamente mi congelo all’ombra della lama alla mia sinistra. Poi il capocordata ricompare più in alto, su un altro muro. Lo raggiungo: si è fermato su un solo spit non avendo trovato la sosta. Supero l’ultimo breve tratto e poi una sequenza di sassoni mi porta all’uscita.
Propongo di proseguire per la Bonatti: l’idea di salire in vetta dal noioso sentiero attrezzato non mi garba più di tanto, ma Colo declina la proposta. Alla fine decidiamo di scendere dalla ferrata (!): hai voluto la bicicletta, ora pedala! Superare verso il basso quell’intrigo di cavi e catene mi costringe a restare continuamente attaccato alla ferraglia che imbraca la parete. Non vedo l’ora che quel massacrante percorso abbia termine e alla fine non ho più voglia di scalare. È stata una vera rottura di balle allucinante che mi ha sfondato le braccia.
È ancora presto, l’Antimedale è come piazza duomo la domenica mentre ci arrivano dall’attacco gli schiamazzi delle massaie in attesa del proprio turno alla gastronomia. Basta poco per decidere che, per oggi, non metteremo piede nel supermercato: è decisamente preferibile bighellonare ancora un po’ sotto gli ultimi raggi di sole prima di chiudere il cerchio della giornata.
Cavallo Goloso
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