|racconto|   |relazione|


IV SOLE – BRENTINO

sabato 18 maggio ‘13


Per sfuggire all’alluvione dobbiamo migrare, spararci decine e decine di chilometri e allontanarci dalla massa d’acqua che imperversa a ripetizione sulle nostre teste. Così, ancora una volta, agenzia-di-viaggi-Cece presenta il depliant dell’uscita di sabato frutto di un lavoro maniacale di visione di centinaia e centinaia di siti meteorologici per scovare un posto in cui poter finalmente scalare un po’. Quindi, viste le premesse e considerando l’autorevolezza della fonte, non mi preoccupo certo della qualità della proposta, limitandomi solo a preparare lo zaino e aggregarmi alla combricola. Ma quando arriviamo al parcheggio, restiamo tutti e quattro un po’ delusi: quella specie di paracarro intasato di erba dovrebbe essere la rinomata parete decantata su diversi siti internet. D’altro canto, finchè non ci infili il naso, non puoi sapere quale sia la puzza reale! Così ci avviamo dentro una specie di foresta amazzonica diretti alla fascia di rocce dove sale IV sole superando prima un ghiaione dolomitico immerso nella boscaglia e utile solo per sfondare scarpe e polpacci e poi alcune roccette che ci conducono alla base della nostra via. Messa da parte ogni pretesa d’avventura, inseguiamo la sequela di spit che ci conduce verso l’alto su lunghezze insignificanti: l’itinerario è di quelli che non lasciano il segno mentre la mia pentola di fagioli inizia a borbottare allegramente. È un po’ come andare ad un banchetto in cui servono pasta al pomodoro e cotoletta con patatine! Se non altro, le previsioni sembrano azzeccate e, oserei direi, fa quasi caldo (almeno le sedie sono comode!). Raggiungiamo così la cengia con un morale piuttosto basso e che si prepara al bangee jumping ma senza elastico. Così, giusto per aggiungere un po’ di pepe (in realtà per un’errata interpretazione di un segnale dovuta alla nebbia che mi vortica in testa a seguito del forte giramento di balle), compio una breve incursione sulla lunghezza di un’altra via prima di accorgermi di dover attraversare ancora verso sinistra mentre l’unico sprone per proseguire è solo la prospettiva di scrivere l’ennesima relazione!

Entriamo così nella seconda parte della salita, una lunghezza inizialmente su roccia non certo compatta che porta però ad una bella e difficile fessura. Sembra quasi di essere stati catapultati in un’altra dimensione: superato lo zoccolo iniziale, qui la musica cambia registro. Dopo il lento, è l’ora del rock! Certo, non siamo di fronte al Wenden e l’abbondante chiodatura elimina ogni pretesa di gloria caiana, ma la scalata inizia a farsi un po’ più interessante. Proseguiamo così lungo lo spigolo che sui tiri finali offre il meglio di sé tanto che, dai funerei commenti iniziali, le sensazioni svoltano verso pareri addirittura positivi. Ma anche il tempo sembra aver virato: la finestra di bello, nemmeno troppo lentamente, si va a chiudere e, quando il sole viene spento da una nuvola, non rimpiangiamo di avere con noi i micropile. Proseguiamo così verso la fine della parete tornando ancora una volta nella foresta e con il morale risollevato iniziamo la sequenza di doppie lungo la via Jolly. Ed è proprio qui che abbiamo un sussulto, un balzo verso l’alto: la vicina si presenta con i migliori attributi, roccia apparentemente spaziale, verticalità, protezioni sicure ma non eccessivamente vicine. Insomma, sembra abbiamo conosciuto la sorella brutta mentre la gnocca era lì a pochi metri!

Continuiamo a scendere scoprendo che, sotto la cengia, i tiri perdono parte del loro fascino ma sembrano meglio dello “zoccolo” di IV Sole, soprattutto sapendo che dopo la crosta si possono affondare le mani nella Nutella! Quando tocco terra sarei quindi dell’idea di rimettermi a scalare ma, viste le condizioni meteo che volgono sempre più verso il brutto, lasciamo intatto il barattolo e ci defiliamo sapendo però di avere scovato un’altra riserva di crema spalmabile alla nocciola.


Cavallo Goloso


Per lasciare un commento, clicca QUI