|racconto|   |foto|


HAVANNA – MONTE GARZO

sabato 19 luglio ‘14


Se dovessimo andare a fare le vacanze nella foresta del Borneo, direi che avremmo azzeccato la meta di giornata (anche se, questa volta, di infidi insetti nemmeno l’ombra!).

Già la settimana è stata travagliata: all’inizio si prospettava l’idea di una due giorni con l’alpinismo giovanile, una mazzata dal punto di vista economico. Poi le previsioni salvano il portafogli promettendo tempesta, bufera e diluvio universale per domenica. A quel punto il week end si libera improvvisamente e noi iniziamo quindi a chiederci dove andremo a liberarci dalle tossine milanesi. Passata la bici, accontentato l’escursionismo, resta da soddisfare la voglia di vie quindi sfoglio la guida e punto al lago di Naret. Ma la val Maggia è lunga e, quando passiamo sotto il monte Garzo, Micol viene tentata dalle infauste placche di Pinocchio. Praticamente sono un grosso pentolone pieno d’acqua pronta a bollire appena il fuoco ai suoi piedi verrà acceso. Nonostante il rischio, ci fermiamo a modificare i piani e dirottare la rotta stabilita: dall’alto della mia esperienza (forse più dovuta ai centimetri che non agli effettivi anni di pratica vista la scelta poi presa), metto in guardia Micol che lì certamente schiatteremo a meno che (per fortuna c’è sempre un “se”) non finiremo la via entro le dodici. Siccome confido nella nostra velocità, sono anche certo che, entro l’ora delle streghe, saremo comodamente fuori dalla piastra incandescente. Così scegliamo la via e iniziamo a colare. Le fronde degli alberi ricordano il rigoglioso verde di una foresta pluviale e i tassi di umidità quelli di una sauna. Pensiamo che piova ma sono solo le nostre gocce di sudore finchè finalmente il supplizio termina. Non siamo gli unici pazzi: una coppia di ragazze tedesche è già pronta a partire, proprio lungo la linea che avremmo scelto anche noi! Poco male: mi sposto più a destra e inizio a correre lungo la placca. Non è certo una corsa fluida e costante ma piuttosto un po’ a strappi finchè raggiungo la sosta e inizio a recuperare Micol. La ragazza sale leggera accarezzando la roccia sotto i suoi piedi fino ad arrivare in cima alla lunghezza. La molla torna ad allungarsi e io sono ancora lontano una trentina di metri. Oltre non andiamo: il fuoco sotto il calderone comincia già a scoppiettare, forse potremmo proseguire per una lunghezza facendo così la fine della rana. Messo l’anfibio in una pentola e alzata lentamente la temperatura, questo finisce lesso senza nemmeno accorgersi! Io avrei fatto la rana ma Micol non ci sta e quindi gettiamo le doppie. Il Borneo è meno Borneo (sarà che siamo in discesa) ma l’umidità resta comunque alta finchè decidiamo di scendere ancora un po’ e andare là dove l’acqua regna sovrana. Il fiume è il posto ideale per trovare un po’ di refrigerio anche se tenere fermo uno che passa seduto tutta la settimana davanti a un pc non è certo impresa facile. Quindi inizio a fare avanti indietro lungo il greto del torrente in attesa che la falesia di Ponte Brolla vada in ombra: non che ci tenga particolarmente a scalare su quello gneiss ma a non fare nulla mi sento in colpa. Così finalmente arriva il momento fatidico e, per la terza volta, cambiamo la nostra meta. Torniamo così nel Borneo di cui l’unico vero piacere sono le grosse more che penzolano dai rovi e poi inizio a scalare. Già il primo tiro è un palo allucinante su piattoni leggermente svasi che si tengono come una saponetta. A questo punto abbasso il tiro tentando probabilmente uno dei 6a più impegnativi di sempre (eccetto ovviamente per Finale!) prima di decidere che sia il caso di finirla lì e attendere che arrivino tempi migliori.


Cavallo Goloso


Per lasciare un commento, clicca QUI