GIOVANE ITALIA – PUNTA GIULIA
sabato 27 maggio ‘17
Dopo Caporetto ho raggiunto il mio Piave. Forse non ho riconquistato tutto il terreno perduto ma almeno ho fermato l’avanzata del nemico, ho risollevato le sorti della battaglia e ho iniziato ad avanzare. E poi ho voluto fare le cose in grande, in perfetto stile Fraclimb: se una cosa non mi è venuta, perchè non renderla ancora più complicata? Insomma, il massimo dell’automortificazione!
La sveglia suona quando il sole è ancora sotto le coperte: praticamente sto quasi ripetendo la levataccia del corso caiano di un paio di settimane fa e, anche oggi, punto alla Grignetta, solo che questa volta sarà tutto clean e, visto che va di moda, sostenibile. Mi voglio confrontare con i padri baffuti caiani e anzi aggiungere un tassello in più: loro usavano il treno fino a Lecco e poi su a piedi per la val Cololden, io partirò direttamente in bici da Como e con la sola compagnia del socio di peluche! D’altra parte di folli non ce ne sono in giro molti. Soppesato e valutato ogni attrezzo così da non avere nulla di superfluo ma solo ciò che ritengo indispensabile, carico lo zaino sul portapacchi della bici sicuro di avere un bagaglio “leggero”; il mezzo però immediatamente si impenna come fosse ad uno stage di freestyle! Faccio poca strada e l’assetto si rivela stabile quanto un ubriaco su una trave: la coda della bici dondola infatti a destra e sinistra e non certo per la potenza prodotto dalla coppia di pistoni che pendono dalle chiappe. Smonto e rimonto il carico come fosse un mobile dell’Ikea e poi mi riavvio sul nastro d’asfalto. Sono oramai le 6:15 e tutti gli orari programmati sembrano oramai andati a gambe all’aria.
Tra Lecco e Ballabio la strada si impenna come avesse un’erezione ma imperterrito continuo a girare le gambe come un criceto nella ruota. Poi mi attendono i tornanti per i Resinelli: mentre lentamente vedo sfilare i cartelli che li segnalano, non riesco a ricordarmi se siano 12, 14 o 16 finchè alla fine la strada smette di salire, parcheggio e inizio il secondo sport della mia giornata da triatleta. Lo zaino non mi sfracella le spalle, per di più sono già caldo e così divoro l’avvicinamento alla punta Giulia come un leggero antipasto mentre la Costanza mi guarda spocchiosa dall’alto al basso: tanto, prima o poi, tornerò a chiudere i conti anche con lei. Al momento l’assillo maggiore è tutto rivolto alle odiose zecche: passare di fianco all’erba alta, tra arbusti e ramaglie è un po’ come invitarle a nozze finchè, come un Moai dell’isola di Pasqua, si materializza la torre. Arrivo alla base della lama affilata dove si inerpica la mia via e inizio la scalata. Questa volta non mi serve la spinta del socio: le nuvole fosche della normale alla Costanza sono state spazzate via, forse sono solo come la polvere infilata sotto il tappeto, pronte a sgusciare fuori al minimo movimento ma oggi cercherò di non scoperchiare il nascondiglio. Collego le prime due lunghezze trovando la partenza della seconda semplicemente un palo! Sono sicuro di essere sopra il limite umano e non un grado sotto come dichiarato: l’unica soluzione è tirare il chiodone senza pietà. Almeno in quello sembra che la testa sia più che tranquilla. Ancora una lunghezza con finale su roccia scolpita come solo la Grignetta sa fare e poi mi attende la calata sulla normale. Ma terminare così sarebbe come lasciare la torta senza ciliegina: fatto 30, ora non mi resta che fare 31! Mi infilo quindi su per il canale e inizio a risalirlo superando alcuni facili risalti fino al sentiero Giorgio. Da qui la vetta mi attira come la casa della strega per Hansel e Gretel: mi viene anche la tentazione di scalare la Segantini ma poi ci ripenso visto che dovrò pedalare per quasi 50km e così rincorro il tempo su per il Cecilia fino al punto più alto. In vetta, ho appena il tempo di mangiare qualcosa e scattare una foto al socio vanaglorioso per l’impresa compiuta prima di buttarmi sulla Cermenati che mi sta simpatica come un sasso nella scarpa. Per di più un nuovo dubbio inizia a gironzolarmi nella cassa cranica: ma la bici ci sarà ancora? Già immagino le possibili soluzioni con calata inferocita su Lecco e successivo viaggio in treno verso casa ma invece il mezzo se ne sta tranquillo dove l’avevo lasciato a godersi la mancanza del peso da ciccione; lo cavalco e poi mi lancio giù per la discesa. Solo a Erba mi viene offerto il cocktail “caldo e stanchezza”. Lo scolo come se nulla fosse ma oramai devo solo tenere duro e vincere lo stordimento dell’alcool. Le gambe girano: non hanno la freschezza delle ore precedenti ma continuano imperterrite a muoversi finchè di colpo si fermano, non ne vogliono più sapere di continuare perchè oltre ho solo il portone di casa.
Cavallo Goloso
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