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FIAMMA D'AUTUNNO – FIAMMA DEL TORRONE

sabato 03 settembre ‘11


Anche per oggi sono vivo! La lezione di questo sabato? Guardare le relazioni prima di accettare un qualsiasi invito da parte di Luca.

La sua proposta arriva già a inizio settimana con un allegato alle solite mail; a dire il vero non mi soffermo sulla via ma, vuoi per il tono della mail, vuoi perchè anche Cece sembra interessato alla salita, accetto ben volentieri la proposta. Poi col passare dei giorni, viene fuori che venerdì non potrò salire in valle e così propongo qualcosa di più vicino, raggiungibile partendo la mattina da Como: non mi va l’idea di toccare il cuscino per poi sentire il trillo della sveglia! Ma Luca mi persuade che si può benissimo partire da San Martino verso le 8, che in 3 ore dovremmo essere all’attacco, che i primi due tiri sono di zoccolo, poi ce ne sono due di VI (che dovremmo superare velocemente, dice lui) e solo i restanti due potrebbero dare qualche problema. La trappola è scattata e l’allocco ci casca in pieno. Abbocco all’esca senza minimamente accorgermi dell’amo celato dalla succosa leccornia e mi invischio completamente in qualcosa ben più grande di me. Cece invece si lascia illuminare dai bollini del CAI e prende la via per Arco lasciandomi boccheggiare nella rete di Luca in compagnia dell’altro pesce Fabio.

Alle 6:30, a braccetto con un sonno indicibile, sono a San Martino davanti alla casa di Luca. Sistemiamo il materiale e alle 7:00 partiamo: non sono per nulla convinto che impiegheremo solo 3 ore per arrivare alla Fiamma del Torrone né, tanto meno, che risolveremo i tiri di VI senza nessun problema ma nessun dubbio balena alla mia mente che oramai barcolla ipnotizzata in una sua dimensione.

Dopo 1 ora siamo all’inizio della salita per la val Torrone; ricordo abbastanza bene il percorso che mi attende e non mi lascio quindi abbindolare quando arriviamo alla fine del bosco: il sentiero è ancora lungo!

Il Picco Luigi Amedeo ci saluta con la sua forma slanciata mentre il nostro obiettivo fa capolino dietro la parete della Taldo e, dopo 3 ore e 45 minuti, finalmente raggiungiamo l’attacco. Fa caldo e c’è il sole; sembra quasi incredibile che le previsioni per la serata possano azzeccare ma tanto noi verso le 2 saremo fuori dalla via! Ne sono sicuro, come certo è che “la gamba l’è tacata al pè”.

Lo zoccolo sembra facile e decidiamo di affrontarlo slegati e con le scarpe d’avvicinamento visto che l’erba è decisamente sovrabbondante; ma, saliti i primi metri, dobbiamo già cambiare assetto: la placca che dovremmo superare con un traverso non sembra per nulla banale, meglio indossare le scarpette. Luca passa slegato ma io e Fabio preferiamo assicurarci. Supero il delicato passaggio e poi il primo tratto erboso verso sinistra e, al termine, recupero Fabio. Con un’altra lunghezza, sempre su prato ripido, sono alla base del primo vero tiro d’arrampicata. Parto seguendo la fessura: sarà che sono un po’ arrugginito, che forse è il primo tiro ma questo V mi pare un po’ strettino. Progredisco con una certa lentezza fino a raggiungere un passo con movimenti obbligati su un paio di funghetti neri. Sono stupito della difficoltà dichiarate a meno che questo non sia il passo di VI. Continuo a salire: non sono per nulla tranquillo e continuo a domandarmi cosa cavolo voglia fare, ma intanto continuo a progredire verso l’alto. Finalmente un chiodo! Solo che per raggiungerlo devo tirare una lametta che non mi da grande fiducia; la tiro e lei sta lì. Un altro chiodo: questo sembra messo solo per bellezza. Maledicendo l’assenza del martello, inizio a tiracchiare quel pezzo di ferro arrugginito: sembra reggere. Alzo un po’ i piedi e lo tiro: il chiodo resta lì e io sono sulla vena sopra la pancia. Di male in peggio: davanti a me la placca della morte o una traversata verso sinistra ad una fessura. Ma prima devo ristabilizzarmi. Ci sono quasi ma mi sento tirare indietro. Sono morto.

Il chiodo balengo regge: mi sono solo grattato lo stinco ma non è nulla di che. In compenso ho le mutande marroni e completamente piene. Mi faccio calare: per oggi ho finito di tirare da primo.

Le corde passano in mano a Luca e a lui resteranno per tutta la salita. Il nuovo capocordata raggiunge il passo che mi è stato fatale e lo supera senza troppi problemi per poi raggiungere la fessura. Uno strano passo in strapiombo lo rallenta ma poi raggiunge la sosta da cui inizia a recuperarci; ben presto mi ritrovo così a tirare il chiodo arrugginito: il passo sulla vena vuole giocarmi un altro scherzo ma alla fine arrivo anch’io alla sosta; per essere un tiro di V con un solo passo di VI abbiamo avuto il nostro bel da fare, ma le sorprese non finiscono qui.

Alla notizia che mancano “solo” tre lunghezze, quasi esulto: continuerò sempre da secondo ma, con Luca davanti, dovremmo raggiungere la cima molto velocemente. In fondo le difficoltà dichiarate raggiungono solo il VII- e l’A2. Il prossimo tiro dovrebbe essere una formalità se non fosse per quel maledetto vizio di sgradare le vie, così che, quello che dovrebbe essere un banale VI- si rivela un presunto VII+/VIII-! Ovviamente Luca scala in libera mentre il sottoscritto tira tutto il tirabile brancolando nel buio più completo. Ma Fabio riesce ad illuminarmi; lo guardo mentre ci raggiunge alla sosta con due friend in mano: ne infila uno, lo tira e poi mette l’altro ripetendo l’operazione e recuperando la protezione precedente. Geniale!

Intanto i nostri dubbi sulla dislessia numerica di chi ha redatto la relazione diventano sempre più grossi: neppure le lunghezze dei tiri tornano, questi infatti sono più corti di quanto dichiarato e, in questo modo, mediando i metri con le difficoltà, tutto quadra!

E ora il tiro di VII- o sarà più duro? Impieghiamo circa 1 ora per superare tutti e tre l’infinita fessura ad incastro; a seconda del livello: incastro di braccia o incastro di friends! Luca stima una difficoltà intorno al XI- (o, se vogliamo, 7b) io e Fabio intorno all’A1 ma con una dotazione di almeno 2 serie di friend quadruplicando le misure medio-grosse! Il risultato è che le braccia di Luca sono completamente piene di graffi mentre le nostre sono piene e basta!

E manca ancora una maledetta lunghezza. Forse saremo fuori per le 4:30. Intanto il cielo non è più azzurro già da un po’: speriamo solo di scampare il temporale. Ora dovrebbe esserci l’A2 ma la relazione potrebbe anche parlare di A5 o XII che tanto oramai non ci crediamo più. Luca scala e, ancora una volta, esce in libera! La prima libera della via: mostruoso! Fabio sale anche lui a vista aggrappandosi egregiamente a tutti i friend mentre il sottoscritto compie una dignitosa flash tirando forse qualcosa di meno ma le ghisando completamente le braccia nel superare in dulfer il tratto strapiombante della fessura. E poi la lunghezza propone un camino.

Per velocizzare il rientro a valle, o forse per rendere la sfida ancora più intrigante, abbiamo scelto di portarci dietro tutto per poi scendere verso la val di Zocca. Incastrarsi nel camino con lo zaino sulle spalle è una vera goduria: il sacco geme mentre si sfrega sulla roccia e io vorrei tanto scaraventarlo a valle anche perchè, la chiusura superiore, non mi permette di alzare completamente la testa impedendomi di vedere facilmente ciò che si trova un metro sopra la mia testa.

In ogni caso, con estrema lentezza, continuiamo la nostra progressione finchè, alle 5 passate, fessura e via si trovano sotto i nostri piedi. Abbiamo così concluso contemporaneamente la prima libera e la prima salita completamente in artificiale (!) insieme alla probabile terza o quarta ripetizione! Fortunatamente individuiamo rapidamente la discesa e, con un paio di doppie, mettiamo i piedi sulle gande della val di Zocca.

Al momento abbiamo scampato il temporale ma ci conviene sbrigarci a scendere perchè numerose nuvole grigie si sono date convegno sul Masino. Verso il Badile tuona. Alè! Scendiamo anche noi a tuono verso l’Allievi: non so perchè ma ultimamente mi sembra di avere una confidenza mai provata con i sentieri di montagna. Luca fa un cenno di saluto al rifugista mentre io, tra me e me, lo mando volentieri a quel paese e poi ancora giù fino al pianoro e poi al bosco. Sono circa le 8: oggi non ho pranzato (ma questo è normale) e mi sa che nemmeno cenerò!

Piove. Fortunatamente poco, però piano piano iniziamo a bagnarci. Intanto siamo costretti a sfruttare la funzione più utile del cellulare: la piletta! Ovviamente mi sono ben guardato da portare la frontale: tanto torniamo presto! Infatti.

E poi raggiungiamo il fondo valle con la sua mulattiera che sembra più lunga del solito e che ci conduce al Gatto Rosso: il temporale non ci è venuto in contro, è rimasto lì ad aspettarci e ci accoglie con un vento e copiosi scrosci. In un attimo la maglietta si appiccica alla pelle, i pantaloncini pesano una tonnellata e le mutande sono completamente intrise d’acqua! Poi finalmente come un miraggio compare la casa di Luca quando sono da poco passate le 9! E il sogno continua in veste di una doccia calda e di un comodo letto, giusto il tempo di lasciare sedimentare la salita e dare il via al prossimo progetto.


Cavallo Goloso


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