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EVITANDO EL FRIO – MONTE CIMO O PARETE ROSSA DI CASTEL PRESINA

sabato 20 aprile ‘24


Fraclimb è tornato! Oppure i gradi del monte Cimo sono fuffa buona per l’autostima. Propendo più per quest’ultima ipotesi ma ad ogni modo, se anche fosse, portarsi a casa ogni tanto qualche soddisfazione non è poi così male per il proprio ego. Tutto parte dal Walter e dalla sua idea di andare a fare una vietta: d’altra parte bisognerà pure ricominciare se, almeno sulla carta, per l’estate si punta a mirabolanti imprese dove probabilmente dovrò comunque rispolverare le mia tecnica di staffata sull’erba. Ma, prima di tutto, è necessario levare la ruggine anche perchè qui rischio di dimenticarmi come si faccia l’otto! Così guardo la relazione: studio i gradi (soprattutto l’obbligato) e la tipologia e vicinanza delle protezioni e quelle caratteristiche che una volta avrei snobbato, ora diventano un imperativo imprescindibile. Cosa ci potrebbe essere di caiano in una salita con avvicinamento in discesa (!) di poco più di un quarto d’ora, solide protezioni a fix (e con chiara indicazione che non serva null’altro per integrare) e un obbligato che sfiora il limite umano (ma che in falesia è un grado per lo più snobbato)? Sì, insomma, un’aberrante salita plaisir! Mi tornano in mente tutti i miei commenti sulle pareti di Bard e dintorni - Posto del cazzo! Parete da FF! Che gusto c’è a scalare con l’autostrada che ti passa sotto le chiappe? - già perché io una volta (appunto, una volta) puntavo a ben altro! E il monte Cimo? In cosa si differenzia? Beh, il calcare non è certo lo gneiss: guardo la parete e spero che nessun pezzo del puzzle mi rimanga in mano e, in effetti, così sarà. Sullo gneiss non hai nemmeno questo brivido. E, comunque, se qualcosa dovesse staccarsi, beh, difficilmente lo si potrebbe raccontare visto che poi nello stato di tartare di climber risulta difficile prendere in mano la tastiera del PC. E l’autostrada? Quella del Brennero passa sotto la parete, un po’ come quella per il Bianco. Già, però qui non devo vendere un rene per pagarla e quindi, in fin dei conti, il monte Cimo può andare mentre le pareti della bassa val d’Aosta proprio non le riesco a digerire. Parte il Walter sul primo tiro di Instabilità Emotive (dopo appunto un avvicinamento che manco mi accorgo di aver fatto: potere della stagione scialpinistica o, più probabilmente, del fatto che si cammina in discesa?): ho in mano due corde e il secchiello e non mi domando che fine abbia fatto la paletta ma infilo le corde nel freno che poi attacco all’imbraco con estrema naturalezza. Bene: come inizio non c’è male, pare mi ricordi tutto! - Walter, speriamo che il nome non abbia nulla a che fare con lo stato d’animo che avremo una volta usciti dalla parete! - è il mio ben augurio mentre osservo i blocchi che sovrastano la linea riproponendomi che sia assolutamente il caso di non pensare neanche lontanamente di toccarli. E poi inizio a scalare: da secondo non ci sono problemi soprattutto se i gradi sembrano larghi come i macchinoni americani ma quando mi toccherà passare in testa sarò ancora così spavaldo? Lascio la sosta e inizio a traversare - Occhio Walter, eh?! - Un piede dopo l’altro, una mano dietro l’altra e, soprattutto, una rinviata dietro l’altra mi allontano dall’amico. La sosta è sempre più vicina e alla fine ogni dubbio crolla, fortunatamente diversamente dalla parete che se ne sta lì a guardarci silenziosa. Passa un altro tiro e sotto si forma la calca: sembra che i caiani spuntino come funghi al primo raggio di sole dopo l’acquazzone! Per fortuna che il nostro istinto ci ha fatto attaccare prima dell’orario della fiumana, altrimenti ci saremmo trovati invischiati nel traffico! Continuiamo a salire senza intoppi finchè mi trovo alla base del tiro “duro” e tocca a me. Saluto il Walter e parto per il mio destino: fuori dalla trincea l’ambiente non è così rassicurante però ho la mia arma segreta: so che posso azzerare! Invece salgo, supero il primo tratto atletico in cui spero che tutto rimanga al suo posto e poi arrivo alla placca verticale finale. Intravedo dei buchi e spero siano generosi. Mi alzo, ci infilo le dita e queste sono accolte benevolmente! Perfetto! Il duro è fatto e noi usciamo dalla parete e, come si sa, la fame vien mangiando - Quindi ne facciamo un’altra? - Manco a farlo apposta, più o meno è l’ora di pranzo e c’è tutto il tempo per il bis! Così torniamo alla base con due possibili progetti in testa: alla fine vince quello più semplice perchè è meglio tenere le orecchie basse (mi brucia ancora la cocente scottatura di Nuovo Cinema) e quindi arriviamo all’attacco di Evitando el Frio. Mi domando ancora se il nome non sia premonitore di qualcosa ma, almeno al momento, il sole non sembra ancora volerci abbandonare. Così parto; siamo l’ultima cordata ad attaccare e ora riprendo a sbrodolare instaurando una gara non dichiarata col trio impegnato su Instabilità Emotive. Qui i fix sono un po’ più distanziati ma, d’altra parte, la chiodatura della prima linea era oggettivamente molto ravvicinata. Nel diedro camino del terzo tiro mi ricordo delle mie origini caiane e sbavo: semplicemente stupendo! Ma all’uscita non sono altrettanto contento: torno a scalare su un puzzle che però alla fine non si disfa. Così quando vedo dal basso la lunghezza seguente, non mi spiace affatto che tocchi al Walter lasciare tutto al proprio posto. E comunque ancora nulla si muove. Poi tocca ancora al sottoscritto: termino il tratto sponsorizzato Ikea e mi trovo sull’ultimo muretto verticale. Due o tre pompate di bicipiti e sono fuori, la via sotto le mie chiappe e l’ultima lunghezza tra roccia ed erba che attende il Walter prima di tornare nuovamente al sentiero che ci riporta alla macchina.


Cavallo Goloso


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