|racconto|   |relazione|   |foto|


CUBA LIBRE – PILASTRI DEL PESGUNFI

domenica 02 novembre ‘14


L’avventura di fine settimana mi ha psicologicamente scaricato oltre a lasciarmi alcune piccole e fastidiose fiacche ai piedi. A parte questo e le ginocchia un po’ gonfie, mi sento fisicamente bene ma non ho proprio alcuna voglia di imbarcarmi in un’altra avventura caiana. Così, in un certo senso, ho quasi paura delle possibili intenzioni di Cece: mai avrei creduto di arrivare a tanto! Eppure ciò che veramente mi attanaglia non è tanto il caianesimo in senso stretto quanto piuttosto ciò che ci sta attorno: l’avvicinamento mortale! Così, quando optiamo per il Pesgunfi alle porte della Valle, mi sento completamente rincuorato e, a quel punto ovviamente, non posso fare a meno di puntare ad un’evidente e logica linea puramente caiana: il diedro Spini! Per capire però il timore con cui ci avviciniamo alla struttura è prima necessario fare un passo indietro: ne io ne Cece abbiamo infatti con noi l’indispensabile guida lasciata o a riposare a casa (luogo per altro ideale) o piuttosto nel bagagliaio dell’auto parcheggiata a Lecco! Così, prima di avventurarci sui meandri misteriosi della parete, facciamo un salto al bar Monica a sbirciare le relazioni. Ciò nonostante e avendo appurato la teorica fattibilità della linea, preferiamo prima darci un occhio passeggiando sulla vicina Cuba Libre. E in effetti l’arrampicata si rivela (una volta tanto) tale: parte Cece superando un passo iniziale impegnativo (tra l’altro aggirabile) e poi prosegue il sottoscritto. La via è esteticamente ammirevole, lungo uno spigolo arrotondato ricolmo di funghi come fossimo alla sagra del porcino. Per dirla con le parole di Luca: “è una scala!” e, in effetti, mai definizione potrebbe calzare meglio. Superiamo quindi il terzo tiro e poi buttiamo le doppie senza dimenticare il vero motivo della nostra salita. Il diedro sembra nel complesso accondiscendente ma proprio nella sua eccessiva disponibilità temo si celi il classico tranello; poi, a meglio guardarlo, spuntano tratti che potrebbero presentare importanti problemi ma, ciò nonostante, partiamo decisi.

Seguendo la logica e sistematica sequenza di capo cordata, scopro quindi di dovermi beccare la prima lunghezza: mi carico due serie complete di friends all’imbraco, qualcuno lo faccio anche triplo e poi ci aggiungo qualche dado. Il minestrone ha il suo bell’effetto e l’albero di Natale obeso inizia a muovere i suoi primi passi lungo la parete. Siccome ho il terribile timore che le protezioni possano servirmi più avanti e siccome evidentemente le difficoltà sono contenute, lascio parecchia aria tra le chiappe e il terreno prima di decidermi a piazzare il primo dado. Arrivo quindi in una specie di catino e inizio a lessare: la roccia bianca, unita al sole che picchia impietosamente, forma infatti una sauna naturale che provoca la mia colatura dentro il caldo micropile. Cerco di sopportare la temperatura e inizio a salire su per il diedro: mi sento forte e in forma, piazzo un friend e salgo ben al di sopra prima di mettere il successivo. Evidentemente padroneggio l’elevata difficoltà senza problemi! Tutto fila liscio fino a due rovi incrociati che ostruiscono il passaggio: mi do al giardinaggio per poi scoprire di essere al passo chiave. Studio la situazione, mi stiro e mi allungo e quindi sono in sosta. Il mio dovere l’ho fatto, ora spetta a Cece! L’amico ha addirittura il lusso di rinviare un chiodo poi, per il resto, la scalata è simile alla mia: caldo assurdo ma netta fessura che rende la salita un piccolo piacere. Così alla fine ci portiamo a casa due vie (e altrettanto lavoro per il sottoscritto, come se già non ne avessi in sovrabbondanza) prima di buttarci su alcuni impietosi tentativi sui monotiri circostanti.


Cavallo Goloso


Per lasciare un commento, clicca QUI