COSÌ È SE VI PARE – PUNTA ALLIEVI
mercoledì 15 agosto ‘18
Ho cercato di ritardare il momento fatidico ma alla fine quello non manca mai, è un ingrediente indispensabile e necessario per ogni avventura caiana che si rispetti. Poi appena mi carico l’immenso zaino con tanto di materassino e casco appesi fuori mi pare che questo sia insolitamente leggero. Possibile? Avrò di certo dimenticato qualcosa e me ne renderò conto al momento meno opportuno!
La ridente val di Mello è un po’ meno piacevole quando la si attraversa trascinando le pietre per la piramide di Cheope. Poi arriva il bivio per l’Allievi e l’effetto di qualche intruglio dopante inizia a fare effetto sul Walter-Kilian-Jornet che tira come un dannato su per la salita: gli resto dietro grazie all’orgoglio sperando di non vomitare il muscolo cardiaco insieme alla pizza del supermercato finchè fuori dal bosco una sottile pioggerella islandese mista all’alito al mentolo di Eolo iniziano a farci dubitare se sia opportuno dormire all’aperto. D’altra parte foraggiare il conte Vlad meglio noto come Dracula nonché gestore del rifugio, simpatico come una scopa infilata nel didietro, non mi passa nemmeno per l’anticamera del cervello. Così propongo al Walter di fermarci a ronfare al pianone tessendo le lodi di un’ottima malga proprio prima della rampa finale e rendendo la proposta ancora più allettante facendo presente che, in questo modo, eviteremo di portarci i carichi su fino all’Allievi. L’amico accetta volentieri immaginando già il Grand Hotel con tanto di jacuzzi solo che questo, appena ne apro la porta, si presenta più come il Grand Letamaio con la vasca ricolma di escrementi: dormire qui diventa all’istante ripugnate e così iniziamo a guardarci intorno fino ad adocchiare un grosso macigno con l’accenno di un muretto a secco. Attratti come mosche sul miele, scopriamo così la nuova reggia, una specie di villa d’Este proprio all’imbocco della piana di cui poi, come provetti carpentieri bergamaschi, ampliamo e ristrutturiamo il riparo di massi.
Mercoledì mattina la sveglia arriva che fuori è ancora buio. Ci perdiamo il tè perchè alla sera Fraclimb-Carlo-Cracco è riuscito a bruciare il risotto incollandolo al fondo della pentola e poi iniziamo la nostra scammellata verso la parete. Poco prima delle 7 siamo all’Allievi ma siccome il gestore-Salvini-Orbàn spicca per la sua accoglienza, la sala da pranzo è ancora chiusa e così salta definitivamente ogni possibilità di ingurgitare una bevanda calda.
All’attacco della via il Walter individua il primo fix con il cordone giallo visibile come un camaleonte nella foresta facendo così collassare ogni mia speranza di scampare da una morte certa su quella lavagna perfettamente piallata. Così non mi resta che partire e salire su per la placca; oggi però dev’essere la mia giornata fortunata: appena infatti rinvio la prima protezione, ecco che ne spuntano altre verso la fessura soprastante provocando l’evidente disappunto della vecchina incappucciata. Alzo il piede spalmandolo come una specie di blob su una placca completamente liscia ma questo inizia a scivolare verso il basso facendo in Grana sulla grattugia e lasciandomi poi a stagionare sulla protezione sottostante. Al secondo tentativo sono più fortunato e così arrivo alla boccola di spit arrugginita subito prima della fessura: Fraclimb-Warren-Harding ci strozza allora un cordino in kevlar come fosse davanti ad un rivetto, prova a staffarci ma niente; allora ha la brillante idea di usarlo come appiglio e poi, allungandosi verso la fessura a sinistra, infila un C3 come un coltello nel burro. Lo tira e questo resta in posizione permettendogli così di agguantare la parte soprastante della frattura e raggiungere la sosta. Intanto sotto Walter-Ermanno-Salvaterra si è ben ibernato in previsione di tempi migliori: lo assicuro e mi faccio raggiungere. Sulla lunghezza seguente provo a vedere se la scarpa tiene sull’acqua e la roccia liscia ma appena carico il piede questo parte e io lo seguo seduta stante trovandomi a penzolare pochi metri sotto il fix. Al secondo tentativo cambio tattica e, imbrattando la parete di magnesite, riesco a non farmi fregare dalla colata d’acqua: a questo punto i tiri più duri sono alle nostre spalle e, per di più, iniziamo a scongelarci con i primi raggi del sole che finalmente iniziano a fare il loro dovere.
Sopra il catino a metà parete sembra di entrare in un’altra dimensione: ora i tiri sono sostanzialmente da proteggere interamente, fatto intrigante ma al contempo che mi lascia perso nei miei dubbi amletici, sono sul percorso giusto o no? Così, dopo essere sopravvissuto al superamento di uno strapiombo di licheni, sul dodicesimo tiro mi trovo a inveire contro la relazione mentre mi diverto a tirare un convoglio di TIR imbottigliati in qualche ingorgo ferragostiano sicuro di essere finito su Inschallah. Fortunatamente la conseguente crisi esistenziale accompagnata da una valanga di improperi e borbottii da pentola di fagioli dura solo il tempo di riprendere a scalare e scoprire di trovarmi ancora sulla linea giusta. Ora si tratta solo di salire gli ultimi diedri prima di fare tornare la calma e il silenzio dopo quasi 9 ore in cui le nostre urla hanno rotto i timpani (e probabilmente anche qualcos'altro) alla parete.
Cavallo Goloso
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