VIA ANNA – PRIMO MAGNAGHI (O MAGNAGHI MERIDIONALE)
lunedì 25 luglio ‘16
Dopo la caianata di ieri, non ho alcuna voglia di sbattermi per andare a scalare. Più che altro, l’avvicinamento in sauna mi ha completamente prosciugato e rinsecchito come una mummia egizia. Tra l’altro, siamo sempre vincolati a previsioni certe e chiare come i sondaggi pre-Brexit! L’idea quindi di andare in Grignetta ci pare così la soluzione più ovvia anche se il mio album di vie inizia ad essere in gran parte compilato lasciando solo molto spazio a salite da far rizzare i capelli a Bisio e poche pagine a quelle più umanamente abbordabili! A ciò, si aggiunga la richiesta di ombra, di una possibile e rapida scappatoia ma, soprattutto, un avvicinamento non troppo lungo. Insomma, vogliamo la botte piena ma la moglie ubriaca!
Mi pare quindi logico puntare alla ovest dei Magnaghi e, non essendomi ricordato di non avere la figurina della fessura Dones, lasciarmi abbindolare da Nastassia Kinsky e dalla sua breve ma vertiginosa linea. Oggi mi sento FF senza però averne il grado o, soprattutto, la testa! Così, arrivati alla cengia dell’attacco, inizio a salire su per il grosso e vago spigolo arrotondato su una roccia a dir poco eccezionale. Tutto sommato, i movimenti non mi vengono male: riesco infatti a scalare quasi appendendomi solo una volta prima di riuscire a scovare il trucco e raggiungere la sosta da cui poi partirà il Jag.
Non nascondo che l’attesa mi sembri ben più lunga del necessario: l’amico sembra infatti salire con ritmo da processione per poi arenarsi contro gli ultimi 2 o 3 metri che lo separano dalla sosta; sono indeciso se sprofondare nel letargo oppure sbottare perchè, da quaggiù, il breve tratto non sembra assolutamente così duro. Dopo aver quindi provato a destra e a sinistra, il Jag alla fine desiste e torna indietro. Parte quindi il saccente professore, il mago dell’arrampicata libera, il novello Adam Ondra, cioè il sottoscritto! Con la corda dall’alto i primi passi sono certo più facili sebbene mi pare evidente che il disco sia differente da quello sentito sul primo tiro. Mi intestardisco sul passo chiave strappando letteralmente un pezzo di roccia dalla parete e sfruttando l’effetto dimagrante della corda bella tesa per poi raggiungere quello che da sotto sembrava un tratto “facile”. Infatti non ho la più pallida idea su dove mettere i piedi e quale presa utilizzare! Praticamente non sono in una condizione molto diversa da quella di ieri: salame su Stelle Cadenti, prosciutto su Nastassia! L’insaccato comunque è uno stato che tutto sommato mi giova e che mi permette di raggiungere l’ultimo resinato rinviato. Vedremo ora il gran sapientone cosa sarà capace di inventarsi. L’Archimede della situazione, dopo aver tentato là dove già il Jag aveva fallito, non riesce trovare nessun’altra soluzione se non quella di provare a doppiare lo spigoletto sulla sinistra, individuando una possibile e apparentemente semplice via di salita. Riesco però a trovare un’astuta scusa per evitare un possibile pendolo su gran parte della ovest dei Magnaghi: non ho con me alcuna protezione veloce! Bastonato e con le orecchie basse, abbandono il glorioso tentativo con il morale sotto le scarpe mentre il Jag si imbarca in un nuovo naufragio; del resto, un conto è fare i carpentieri e alzarsi su staffe e cordini, ben diverso gestire la tremarella con in mano delle micro caccole e i piedi appoggiati sul nulla: in questo caso diventa necessario saper scalare!
La giornata però é lunga e noi dobbiamo risolvere lo smacco ricevuto, così decidiamo di spostarci più in basso e assediare la via Anna. Parto ancora io e senza grossi problemi porto la barca fin dove inizia la tempesta e dove il timone passa al Jag. L’amico inizia a salire tirando praticamente tutto il tirabile e, già da sotto, riesco a intuire la durezza del tiro ma soprattutto la scarsa qualità della roccia. Lo imito praticamente in toto e, quando parto per la lunghezza seguente, sono quasi dell’idea di lasciare perdere e tornare indietro. Abbandonare però un’altra via sarebbe inaccettabile così cerco di vincere la mia riluttanza e inizio a salire. Sostanzialmente è un lamento unico fino a pochi metri dalla sosta dove, finalmente, il disco inizia a cambiare musica. Da qui in avanti riconosco infatti il tipico grigione lavorato della Grignetta che ci accompagnerà fino al termine della parete dandomi comunque ancora l’opportunità per fare il fenomeno quando, proprio alla base della lunghezza successiva ricevute nuovamente le corde da conduttore, non trovo comunque niente di meglio che azzerare sul tratto in fessura!
Cavallo Goloso
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