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VIA DEGLI AMICI – SASSO CAVALLO

lunedì 02 ottobre ‘17


Quando settima scorsa Luca mi scrive con due parole “Sasso Cavallo?”, elaboro rapidamente le possibili cause di morte e, non individuandone alcuna evidente, rispondo “ok, per fare cosa?” “via degli amici”. Sono a posto: il Luca vorrà tentare la libera; do un occhio alla relazione e scopro che su ogni tiro c’è almeno l’A2 e quindi mi metto nell’ottica del passeggero assicurante sicuro che dopo il mio passaggio la linea potrà essere gradata V e A4! Così inizio a focalizzare e metabolizzare l’obiettivo finendo però col farne indigestione esasperando il mio già labile equilibrio psichico tanto che domenica sera quando mi infilo sotto le coperte, mi chiedo perchè diavolo mi sia ficcato in questa situazione.

Lasciamo il parcheggio al Cainallo sotto una coperta di nubi bucata e il cui lembo non riesce nemmeno a coprire la Valsassina: sembra che le previsioni siano state più pessimiste della realtà. Non so se gioire o disperarmi per l’unica scappatoia che inizia a scivolarmi dalle mani. Eppure mi incammino verso il patibolo con la strana sensazione che nemmeno Luca sia effettivamente convinto di lanciarsi nel tentativo. Arriviamo così alla base del Cavallo in perfetto orario rispetto l’appuntamento col nebbione lievitato da Mandello mentre scendevamo dalla val Cassina: il grigio della parete si mimetizza con quello del cielo che, a sua volta, tracima sul prato come quando lottavo con tempere e forme da riempire troppo piccole per la punta del pennello vomitando sul foglio un incomprensibile tavolozza di colori. La nebbia staziona e noi con essa; un giorno o l’altro tutto quest’umido mi presenterà il suo conto ma al momento non ho il coraggio di mostrare la mia coda di paglia confidando nella stabilità della massa amorfa. Ma quella non collabora iniziando, dopo pochi minuti, ad alzarsi; mi sento come quando al mare la vecchia vicina grassona si leva maglietta e pantaloni per mostrare il cascante flaccidume delle sue chiappe! Poi Luca alimenta ulteriormente il senso di malessere offrendomi la salita della seconda lunghezza, nonché la prima su roccia: lo squadro domandandomi se si ricordi di essere lui il Ragno e quindi rifiuto l’invito perchè oggi proprio non mi va di duettare con l’ossuta che sta iniziando a falciare il prato! Piuttosto, giusto per non farmi completamente scarrozzare, inizio a salire il breve zoccolo erboso così da avere la possibilità di affermare di aver fatto da primo almeno una lunghezza.

Ci troviamo così sotto il primo tetto difeso da roccia marcia e un albero che, probabilmente, era vivo nel secolo scorso mentre ora il suo scheletro imbiancato si protende dalla parete come una mano cadaverica. Anche il forte Luca sembra poco convinto eppure nessuno osa esternare ciò che la ragione suggerisce: non voglio certo dichiarare sulla pubblica piazza il colore delle mie mutande e così lo lascio affrontare il bel marcio che abbiamo davanti. Il tempo passa lento ma al contempo veloce: non posso ancora scommettere che lascerò la sicurezza dello zoccolo solo per scendere alla base della parete e temo ancora di potermi trovare appeso alla sosta successiva senza sapere se e come potremo tornare indietro. Intanto il Luca piazza una coppia di friend, poi un chiodo e quindi altri ferri a sostegno di quelli già presenti. Supera il tetto e inizia a scalare sulla ripida placca. Non lo vedo ma mi è anche decisamente chiaro che quello non dev’essere un IV. L’unico sollievo è che l’amico ha lasciato le scarpe d’avvicinamento sul bordo del tetto: vedo sempre più vicino il naufragio del nostro tentativo. In effetti la scalata non prosegue molto per le lunghe: all’ennesimo passo complicato protetto da un chiodo di dubbia tenuta, con la parete a sinistra fradicia e mentre la coperta di nubi si è nuovamente infittita sopra le nostre teste, il Luca alza bandiera bianca.

Dovremo solo vedercela con gli sberleffi del rifugista del Bietti che, certamente, si starà facendo ancora quattro risate ma, d’altra parte, se non avessimo volutamente sbattuto il muso contro l’uscio sbarrato, ora sarei qui a chiedermi se la porta non fosse magari solo accostata.


Cavallo Goloso


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