ACCADEMICI – LA LANCIA
mercoledì 25 aprile ‘12
Evidentemente il deus ex machina del meteo non ha spulciato per bene il calendario: la stagione delle piogge sembra aver concesso una tregua in una giornata di festa e quindi colgo l’occasione al volo per dare libero sfogo al mio impulso caiano. Sento Fabio che mi propone con una certa titubanza una qualche salita in Grignetta andando così involontariamente a centrare un’idea che già mi gironzolava per la testa.
Scegliamo la Cassin al Palma e, caricati gli zaini, ci avviamo per la Direttissima seguendo una traccia che rompe la monotonia del pendio innevato. Ben presto la pesta finisce nel nulla costringendoci a battere neve, fortunatamente su una coperta non eccessivamente spessa: pensavo di incontrare altri caiani ma in realtà ci troviamo completamente da soli a lasciarci asciugare le giunture da questo sole finalmente primaverile e così Dopo un oraccia, raggiungiamo il sentiero Giorgio; dovremmo ora perdere quota per poi risalire lungo un pendio lungo il quale si intravede il tracciato zigzagante del sentiero. Ci guardiamo in faccia e cambiamo obiettivo: troppo sbatta salire fin lassù e sono già quasi le 11! Il Palma sta diventando sempre più una zona off-limits: sarà già la terza o quarta volta che punto a quel torrione per poi immancabilmente dover cambiare meta!
Rivolgiamo quindi le nostre attenzioni al vicino e classico giro del Fungo con immancabile avvicinamento della morte e apertura di una trincea attraverso un accumulo prima di raggiungere la base della Torre. La parete è sostanzialmente asciutta ma per non deludere l’aquila tatuata sul petto, decido di affrontare la scalata con gli scarponi, concedendomi comunque il lusso di portare le scarpette all’imbraco per quel sano principio del “non si sa mai”; infine, per restare all’antico, torna in auge il dimenticato “carta-forbice-sasso” che mi aggiudica la prima lunghezza della Corti: supero la placchetta tecnica e passo l’uscita raspando con gli scarponi la roccia; ad un tratto questi scalciano l’aria ma la presa solida delle mani mi impedisce di fare la fine del salame: recuperato l’uso dei piedi e riportato il battito cardiaco a livelli accettabili, guadagno la sosta con le mutande di due colori. Il tiro successivo, sfruttando la corda posizionata da Fabio, scorre più facilmente mentre mi rendo conto che riesco a gestire abbastanza bene un bel quinto, avvicinandomi così al limite umano!
Buttiamo la doppia e entriamo nell’inferno ghiacciato del canale che ci separa dal Fungo. Sul fondo c’è ancora un discreto accumulo di neve e con le mie calzature mi trovo decisamente a mio agio mentre lo stesso non posso dire di Fabio che ben presto si ritrova con due zoccoli ghiacciati. Riprendo la scalata alla ricerca della luce fuori dal budello. La roccia è bagnata e in alcuni punti ancora coperta dalla coltre bianca rendendo così ben efficace il mio assetto. Come Rusconi sulla via del Fratello, guadagno metro su metro fino a raggiungere la sosta alla forcella tra il Fungo e la Lancia: le mie mani sono nelle stesse condizioni dei piedi di Fabio, gelate e insensibili ma, mentre recupero l’amico, il sangue che ha ripreso a circolare recapita da solerte postino un bel pacco di dolore di cui avrei fatto volentieri a meno.
Resosi conto del gravissimo errore, il burattinaio del tempo manda a farci visita un gelido e sottile alito di vento accompagnandolo con un’abbondante spolverata di nuvole grigie: diciamo quindi addio al sole e ci ritroviamo sotto una plumbea coperta che ci catapulta nuovamente nell’inverno. Viste le condizioni decisamente poco gradevoli e dopo un attimo di titubanza, salutiamo il Fungo per puntare direttamente alla Lancia; Salvaterra mi supera, sale sul piccolo torrione sopra la sosta e inizia a spostare neve a tonnellate facendola precipitare nell’abisso. Lentamente risale la parete mentre il sottoscritto si lascia schiaffeggiare dalla corrente d’aria che risalendo dal basso transita proprio dalla forcella dove mi trovo.
Finalmente Fabio lancia il comando e Rusconi è ancora in azione; raggiunge Salvaterra con le mani nuovamente insensibili e quindi riprende a salire per portare fuori da questo frigorifero la cordata. Un silenzio spettrale regna indisturbato tra queste torri solo interrotto dal soffio del mio respiro che canta all’unisono col vento gelido. Mi sposto a sinistra e quindi riprendo a salire lungo la parete verticale. Quando ero venuto la prima volta con Lorenzo (milioni di anni fa), mi ero andato a ficcare nel diedro sulla sinistra, per poi ribattere non riuscendo a progredire. Ora invece mi dirigo sicuro lungo le lame che mi condurranno alla vetta. Le mani da insensibili sono diventate due pezzi di legno con le dita piegate a formare due ampi ganci che appendo ai generosi appigli tirando poi in su il mio dolce peso.
Rusconi finalmente calca la vetta, senza riuscire a gioire per la conquista ma con la sola consapevolezza che tra poco lo sportello del frigo si spalancherà; Salvaterra lo raggiunge mentre il primo ha già predisposto la doppia con la quale finalmente la coppia ritorna a terra. Il frigo è alle nostre spalle, lo sportello ben chiuso mentre le nuvole radunatesi a convegno consigliano una rapida discesa per evitarci una doccia gelata, la classica ciliegina sul semifreddo di giornata!
Cavallo Goloso
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