racconto della cresta di piancaformia al grignone (lecco, lombardia)


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CRESTA DI PIANCAFORMIA – GRIGNONE

domenica 15 gennaio ‘17


Avevo pensato alla cresta Segantini ma poi l’esperienza di ieri mi ha fatto rivedere il programma: con una neve così inconsistente e soffice, probabilmente senza ghiaccio, risalire quel percorso sarà certamente una lotta all’ultimo sangue (il mio!). Spulcio la guida e trovo un canale interessante in val Bodengo ma poi mi sorgono i dubbi: sarà in condizioni? Non rischiamo un buco nell’acqua? Ci sarebbe la falesia, però avevo lanciato la proposta a papà e mi scoccia lasciare perdere anche perchè una sgambata tornerà sicuramente utile per un programmino estivo che abbiamo nel cassetto. Non so quindi dove dirigere la barca: la lascio girare in tondo per un po’ e poi, alla fine, accetto la proposta della Piancaformia.

Già per raggiungere il parcheggio, dobbiamo fare i conti con la neve che imbianca l’ultimo tratto di strada finchè finalmente possiamo iniziare la nostra cavalcata verso la cima del Grignone poi, per il resto del percorso, il bianco elemento sarà presente solo in minima quantità, appena sufficiente a farci ricordare che siamo in inverno. Il primo tratto di sentiero nel bosco non mi alletta granchè: chissà quante volte l’ho già superato e, soprattutto, quante ancora lo affronterò eppure, immancabilmente, ho sempre il timore di perdermi il bivio per il Bietti e proseguire verso il Bogani!

Poi finalmente raggiungiamo l’attacco della cresta, una specie di bucolico anticamera tra alberi ritorti prima di finire in un ambiente decisamente più austero e tipicamente carsico. Non riesco a non pensare alla prima volta quando già qui navigavamo nella neve fino al ginocchio. Ogni passo era una specie di conquista mentre oggi la poca neve presente è facilmente aggirabile come l’acqua di un torrente sui sassi affioranti. Così risaliamo senza difficoltà fino ad uscire dal bosco: c’è di buono che la vetta resta nascosta dal susseguirsi di dossi che, uno dietro l’altro, si profilano all’orizzonte nascondendoci così la lunghezza della cavalcata. Incontriamo i primi tratti delicati poco prima della biforcazione per il Bietti dove il tracciato si sposta in una zona completamente in ombra per poi raggiungere finalmente il salto finale che conduce al Brioschi. Il percorso è tracciato su neve generalmente dura che rende le peste un flebile segnale che guida verso l’alto. Senza calzare i ramponi, risaliamo il pendio a volte pestando energeticamente gli scarponi nella massa dura, a volte sprofondando per gran parte della scarpa: in realtà in salita i ferri non si dimostrano necessari e così, dopo l’ultimo tratto passato tra le braccia dell’ombra, finalmente sbuchiamo sulla vetta baciata da un tiepido sole invernale.


Cavallo Goloso


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domenica 15 maggio ‘16


Se me l’avessero detto, probabilmente mi sarei fatto una grassa risata e avrei continuato a ridere fino ad una manciata di metri dalla cima quando oramai era palese che l’oracolo di Delfi questa volta non l’aveva sparata grossa.

E pensare che la sera prima eravamo intenti a cercare una gita sopra Bellano senza però riuscire a cavare un ragno dal buco salvo qualche insignificante passeggiata dal dislivello ridicolo o delle vere e proprie mazzate. Alla fine, ampliando il raggio d’azione, riusciamo a scovare tre itinerari un po’ più nell’interno della Valsassina e che però non ci permetterebbero di gustare della vista del lago così, alla fine, è ancora Boris a lanciare la proposta della salita al Grignone passando dal Bietti e poi dal tratto finale della Piancaformia. Perchè allora non tentare l’intera cresta evitando tra l’altro il noioso sentiero che in falso piano porta fino al rifugio? Così, poco oltre la bocchetta di Prada, ci separiamo dal gruppo caiano cui ci siamo invischiati e attaccati come un insetto sulla carta moschicida. Il vento ci schiaffeggia senza ritegno. Perchè dobbiamo soffrire? Mi chiede Micol; perchè questa è la base del caianesimo! In effetti non ha molto senso ma confido nelle possibili vie di fuga: se la situazione dovesse farsi insostenibile, potremo sempre tornare sul sentiero a lago e levarci di torno Eolo. Invece ben presto la situazione migliora anche perchè il sentiero abbandona il filo di cresta per spostarsi sul versante occidentale della montagna. Oramai superata la schiena di mulo oltre il bivio per il Bogani, alcuni brevi e facili passi d’arrampicata aggiungono un po’ di pepe alla salita ma, contemporaneamente, iniziano a minare l’equilibro psichico della combriccola. Il tracollo arriva con le prime chiazze di neve ma oramai siamo in ballo e non possiamo quindi che continuare ad andare avanti. Come un generale ottocentesco, spada sguainata, incito e tiro la fila ricavando comode peste con le scarpe basse che, chiaramente, ben presto iniziano a fagocitare neve. Ma sono stoico, sono caiano e non mi lamento anzi giubilo di gioia per la frescura ai piedi. Finalmente, come una liberazione, arriviamo alla bocchetta sopra il Bietti: Micol e Alessia prenderanno il sentiero di discesa verso il rifugio mentre il io, Magalì e Boris proseguiremo nel tentativo di scalare la vetta. Intanto i caiani tornano ad appiccicarsi come cozze. La cima sembra ad un passo ma davanti a noi si stende una distesa di neve: chiaramente non abbiamo ramponi né tanto meno piccozze. Riusciremo nell’ardita impresa? Ho qualche riserva ma al momento assecondo i sogni dei miei compagni. Ci diamo comunque un tempo limite passato il quale dovremo tassativamente tornare indietro qualunque sia la nostra posizione; mi sembra proprio di essere all’Everest: la tabella con gli orari, l’ambiente innevato, la fila di alpinisti che sale lentamente e con numerose pause lungo la traccia che qualcuno ha disegnato. Tutto sommato, camminiamo bene: le mie speranze si gonfiano come una vela al vento mentre forse Boris inizia a ripensarci. Tiriamo indietro di un quarto d’ora il tempo limite ma, intanto, la vetta è sempre più vicina, praticamente sopra le nostre teste. La traccia inizia a impennarsi ma di attrezzatura tecnica non ce n’è minimamente bisogno. Il caiano che ho davanti sbuffa come un toro mentre il mio fiato è regolare: forse avere di fianco qualcuno che non fatica non è proprio un grande aiuto psicologico ma, d’altra parte, questo è allenamento. Nella mia fantastica visione da 8 mila, mi sento come Moro in alcuni video: lui a parlare alla telecamera, gli altri a sputare sangue lungo le fisse! Forse devo calmare il mio delirio di onnipotenza e ricordarmi che giusto ieri ero io ad arrancare con la bici su per i Resinelli e farmi passare da una fila di ciclisti per poi neanche raggiungere la meta!

Intanto il Brioschi è a un tiro di schioppo: la vetta è raggiunta! Davanti a noi la Grignetta si staglia sopra Lecco con la cresta seghettata delle Segantini. Prima di iniziare la discesa, andiamo anche in TV: non ho ben capito perchè ci sia una truppa della RAI a filmare un tipo che, evidentemente, dev’essere famigliare di questi luoghi come il Papa per san Pietro!


Cavallo Goloso


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sabato 12 ottobre ‘13


Le possibilità di riuscita non toccano lo zero: passo sotto l’asticella ma me ne infischio e proseguo per la mia strada. Come se non bastasse, prendiamo la rincorsa già azzoppati scegliendo come ora di ritrovo quella che chiunque avrebbe dato come orario di partenza dalla macchina. E, come se non bastasse, tira anche un vento contrario: insomma, per superare questo salto ci vorrebbe un impossibile colpo di fortuna! E infatti siamo fermi in auto mentre i vetri iniziano velocemente ad appannarsi; inutile pensare a cosa possa passare nella mente della pattuglia di vigili che ci supera cercando di scrutare dentro la Punto, così appena la grandinata ha un momento di quiete, svicolo dalla macchina e termino le operazioni di preparazione prima di superare l’ultimo tratto di strada reso impraticabile dall’abbondante nevicata.

Quando raggiungiamo l’inizio del sentiero un elicottero si alza in volo. O forse è solo il movimento delle mie balle; d’altra parte il cartello è chiaro: da luglio la sosta è a pagamento con un biglietto acquistabile in alcuni negozi. Ottimo! E se si sale la sera tardi o la mattina ad orari improponibili? Meglio non pensarci e sfogarsi con la traccia che entra nel bosco godendosi, solo per un momento, l’Eghen che sbuca dalle nuvole; il sipario però torna subito a chiudersi forse per coprire degli attori troppo timidi mentre dal cielo non scende oramai più nulla se non qualche regalo dagli alberi utile solo a lavare testa e coppino! Raggiungiamo così il bivio tra Bogani e Bietti scoprendo che il sentiero per quest’ultimo è ancora intonso e immacolato: ora si inizia a macinare fatica e sudore! Pestando la coltre bianca mentre sul lago staziona una massa nera stile Mordor, raggiungiamo la chiesetta e quindi l’inizio della Piancaformia. Oramai anche a noi ottusi e speranzosi caiani è chiaro che faremo l’ennesimo salto nel vuoto passando direttamente sotto l’asta o, al massimo, buttandola giù ma decidiamo comunque di continuare la nostra sfacchinante avventura.

La “Biancaforma” si snoda davanti a noi in un intrico di alberi dove, tutto sommato, le cose vanno ancora abbastanza bene: a volte annego nella neve fino al ginocchio ma è solo una piccola secca da cui rapidamente riesco a sgattaiolare via; ma quando gli alberi terminano di farci da tetto, le cose cambiano drammaticamente. Mi servirebbe la ciambella e magari anche i braccioli. Scavo una trincea che a tratti mi raggiunge la cintola, praticamente cammino con le ginocchia attendendo ad ogni passo di sprofondare verso il basso. La neve asciutta si sposta senza difficoltà ma contemporaneamente la cima del Grignone si allontana come un razzo dalla rampa di lancio. Intanto uno sprazzo tra le nuvole permette alla “Biancasforma” di sbeffeggiare il sottoscritto e il Corbis che pensano di riuscire a salirla. Spostiamo neve, scaviamo il fossato e lentamente ci apriamo la strada verso il Belvedere. Sembra una presa per i fondelli: le nuvole si diradano quel tanto per farmi intravedere un cartello giù alla sella della “Biancastronza” poi tutto torna a coprirsi e, l’unico bel vedere di cui gode il Corbis, è il sottoscritto!

Scendiamo quindi alla sella decisi che quella sarà la fine del nostro tragitto: fatti due passi di rincorsa, siamo scivolati sulla buccia di banana senza nemmeno riuscire a saltare dalla pista! Abbandoniamo il sogno progettato, la “Biancaintonsa” e ogni possibilità di raggiungere la cima del Grignone e, rimpiangendo l’assenza degli sci, ci tuffiamo tra gli alberi verso il rifugio Bogani, giusto in tempo perchè il cielo decida di prendersi gioco di noi aprendo il sipario sopra le nostre teste e mostrando un ampio sprazzo di azzurro che illumina il Moncodeno!

Velocemente e comodamente sfruttando la traccia già battuta raggiungiamo così il Bogani: oltre si riapre la sfacchinante avventura in una coltre che raggiunge i 50 o forse anche i 60 centimetri di altezza. Sotterriamo ben bene l’ascia di guerra, mimetizziamo al meglio lo scavo e soffochiamo ogni voglia di lotta. Ma l’orgoglio quello no: siamo caiani duri e puri e non ci pieghiamo all’invito di un escursionista ad entrare a gustarci un piatto fumante di pasta. Staremo fuori, seduti sugli zaini, a rimirare il bosco silenzioso e ingollare una saporita barretta energetica. Staremo all’aperto. Mangeremo all’addiaccio, mentre dentro ci si ingolla con ogni sorta di prelibatezza e leccornia. Potere del caianesimo extreme o, forse, dell’aver lasciato il portafogli in macchina!


Cavallo Goloso


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