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CANAL DE LA NONA – CORNA PIATTA

sabato 17 febbraio ‘18


Può esistere un canale con caratteristiche tali da avvicinarlo alle esigenze di un FF? Si, sembra una contraddizione in termini ma il canalone de la Nona, almeno per il comodo avvicinamento, potrebbe sembrare messo apposta per un ghiacciatore caiano con un’indole da FF. Poi, per il resto, bisogna scordarsi la roccia wendeniana e una mitragliata di protezioni, in più, per noi comaschi, resta la canonica sveglia antidiluviana per passare le due ore necessarie a circumnavigare la provincia di Lecco e trovarsi poco poco più in là della Valsassina!

Ci impiego una vita e mezza a preparare il materiale nello zaino e infilare gli scarponi mentre quei due davanti partono a tuono come volessero rientrare per pranzo così mi trovo ad arrancare dietro le loro chiappe senza riuscire per altro a sfruttare la loro scia. Superiamo così la pista da sci e poi entriamo nell’altro mondo reso forse un filo più dolce dalla traccia di un solitario. Alla stazione della vestizione sono ancora il più lento: oggi sembra che gli ingranaggi non girino nel verso giusto, è come se il mio fisico fosse ovattato tanto quanto il cielo all’orizzonte; forse inizio a soffrire il programma settimanale d’allenamento che prevede la completa auto-distruzione tra plastica e corsetta mattutina. Così quando riprendo a salire sono praticamente da solo dentro il budello di giornata: inizio a seguire le orme nella neve e, contemporaneamente, il bottone scatta. Il motore si è scaldato e tutto inizia a girare nel verso giusto tanto che nel giro di poco sono di nuovo con la faccia dietro il deretano del Walter. Poco sopra il Jag sta socializzando con il solitario in ribattuta per un tratto scorbutico più in alto: come da prassi infatti le condizioni non sono propriamente ideali con neve non ancora pressata dal gelo e un tratto secco come se in alto ci fosse un’idrovora al lavoro. La sconcia paretina rocciosa ha ovviamente l’aspetto marcio di una vecchia cadente che si è levata il vestito di ghiaccio lanciandolo chi sa dove. Ancora una volta mi trovo a risalire il muretto cercando di non fare a pezzi il calcare che mi trovo davanti: mi alzo con circospezione fino ad uscire sul pendio soprastante, una specie di pizza con una sottile farcitura di neve e una base di zolle dove le becche affondano come un coltello nel burro. Da qui il canale molla un po’ la presa costringendoci a battere traccia nella neve inconsistente; poi riprova nuovamente a buttarci indietro prima con l’enigma delle porte chiuse proponendoci tre differenti linee di salita, quindi con una paretina rocciosa che prova ad affiorare dalla colata nevosa come un naufrago in mezzo al mare. Ma oramai siamo quasi scafati e, lasciando la corda in fondo allo zaino, usciamo in cresta quindi raggiungiamo la vicina croce di vetta per poi rotolare verso valle in orario perfetto per gustare una pastasciutta che però nessuno ci ha preparato.


Cavallo Goloso


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